di Sara Maria Morganti

 

Molto difficile recensire un libro. Molto. Si dovrebbe essere in grado di far venire voglia di leggerlo, senza però spiattellare subito le cose che fanno venire voglia di leggerlo. Io non ho mai recensito un libro, si capisce, ma qui mi hanno detto che è uno spazio sicuro, dove le recensioni si fanno come vogliamo, e allora provo a unirmi con piacere. Poi però magari mi cacciano pure da qui e allora capisco che recensire non è cosa per me.

Un altro problema in generale nella vita ma che diventa particolarmente serio se devo recensire un libro è che ho una memoria pessima. Non mi ricordo mica bene le storie che leggo. Riesco a dire se un libro mi è piaciuto o no solo per delle cose che mi ha lasciato dentro, ma dire bene quelle cose poi non so.

Ad esempio, avevo iniziato a recensire un libro che avevo letto durante il confinamento, un libro bello sulla paura e sul ghiaccio, sulla solitudine e sul senso dei viaggi, ma poi niente, mi ricordavo solo dei cavalli con le teste sproporzionate giganti, quindi ho smesso.

Allora adesso provo con quest’altro, che ho letto prima e che s’intitola La forza di gravità. E la prima cosa che vorrei dirvi è perché s’intitola La forza di gravità, ma non posso perché forse è un po’ il senso di tutto il libro e allora ve lo rovinerei. Ma vorrei comunque dirvi che ho letto altre recensioni di questo libro, prima di provare a scrivere la mia, e tutte dicono che la forza di gravità che intende Piersanti, che ha scelto questo titolo qui, non è quella che fa cadere la mela a terra dall’albero, bensì quella che spinge le persone ad avvicinarsi e allontanarsi nella vita. E invece secondo me no! Perché secondo me buona parte di quella forza di gravità lì è proprio quella fisica, e anche se non fa cadere una mela, fa cadere qualcos’altro e vi assicuro che è qualcosa di grosso! Qualcosa che cambia tutti i ruoli dei personaggi e li ribalta, facendo diventare l’adulto il bambino e viceversa.

Poi vi posso anche dire che i personaggi di questo libro non si dimenticano facilmente e mentre lo leggi ti sembra di essere lì con loro, accanto a Serena che porta a spasso molti cani e si vergogna del suo mento, accanto al Professore che non insegna più, ma a lei vuole bene davvero e la aiuta a preparare la maturità e poi la prova di ammissione a Medicina, con tutta la sua genialità cinica. Tipo per intendersi il Professore è uno di quelli che nel bel mezzo della merenda è capace di chiedere a Serena se non siano più interessanti le cellule delle persone che le possiedono. E lei giustamente gli risponde che sono due cose diverse, ma lui insiste: «Puoi studiare proficuamente anche la cellula di un cretino, questo voglio dire. Poi l’individuo è libero di usare miliardi di complesse connessioni per parlare di calcio o di politica… Ma perché parlano? Perché si scambiano foto dei loro sederi?». E alla fine c’ha anche ragione il Professore, però che tranchant, no?

Insieme a loro due ci sono anche molti altri personaggi che gli gravitano attorno, più o meno vicini, più o meno reali. Perché poi in questo libro ci sono anche un sacco di passaggi strani, davvero al limite del sogno, onirici mi pare che si dica, e non si capisce più bene cosa è successo davvero e cosa solo per finta. Tipo che a un certo punto il Professore vede nel cielo un suo vecchio amico, Roberto, «con la cravatta svolazzante per motivi gravitazionali ma per nulla privo di eleganza nel suo leggero impermeabile blu scuro che accarezzava le montagne». Insomma, quel Roberto lì, con le scarpe giganti nel mare, è bello che morto da un pezzo, quindi si capisce che quella del Professore è una visione in piena regola! Ma mentre stai leggendo questi voli verso l’incredibile non ci fai nemmeno caso, tanto le parole si susseguono felici, e arrivi e alla fine e ti ritrovi col libro poggiato in grembo e pensi: come?

Insomma, più o meno queste sono le cose che mi ricordo, poi passate attraverso il filtro del “posso dirlo senza rovinare niente”. A me comunque questo libro mi ha lasciato delle cose, quindi penso di aver finito la recensione.