di Martina Barbieri

«L’articolo di giornale sulla leggenda metropolitana del caffè chiudeva così: “In fin dei conti, che uno torni nel passato o viaggi nel futuro, il presente non cambia comunque. E allora sorge spontanea la domanda: che senso ha quella sedia?”»

C’è simbolo più vitale e sociale del caffè? Aroma antico che dilata le giornate con la sua carica energizzante. La scuola napoletana ne contempla l’intransigenza delle 3C (Comm-C***o-Coce) che tradotto vale a dire che il caffè si gusta solo cocente.

Mi chiedo spesso cosa sia questa novità del caffè freddo in estate e come possano alcuni bar non averlo affatto caldo nei lidi. Lo confesso: non pensavo si potesse scrivere un libro sull’importanza di bere il caffè caldo, poi ho scoperto il romanzo di Toshikazu Kawaguchi, Garzanti 2015, e mi sono ricreduta. Una bella storia, scorrevole, rilassante, ma anche e soprattutto delicata e al contempo intensa a partire proprio dal culto del caffè. Un culto tipicamente occidentale in una storia di ambientazione orientale.

Praticamente mi ha stregato già dalla copertina, che come se non bastasse il titolo Finché il caffè è caldo, vede pure un gatto sotto una sedia e un tavolo molto accogliente con due caffè fumanti ad ammaliarmi. (Amo i gatti e li venero da fedele molto devota al Gattolicesimo quale sono). In fondo che cos’è il caffè se non un pretesto per condividere momenti con le persone che amiamo? L’emblema del calore, un fatto affettivo. Vuoi mettere una lunga giornata senza ‘na tazzulella ‘e cafè?!? Non passerebbe mai e sarebbe tanto triste. Conosco persone che lo prendono addirittura dopo cena e poi dormono assai più tranquillamente di quando non lo prendono.

Per caffè s’intende anche un luogo di ritrovo, «un bar, un ristorante o più in generale un esercizio dedicato alla preparazione e vendita di cibi e bevande» – riporta il dizionario -, insomma, la cornice ideale dei rapporti umani. Quello protagonista del presente romanzo è un caffè – per l’appunto – molto speciale: misterioso, piccolo, raccolto, antiquato, frequentato da pochissime persone, quasi sempre le stesse, crocevia di rimorsi e di rimpianti. Piuttosto che un luogo fisico sembra quasi lo spazio rassicurante della coscienza umana ove deporre le proprie frustrazioni e affogarle nel calore di un caffè, a mo’ di espiazione. È la parabola dell’umanità nel suo percorso di vita. Quanti bivi e incroci in quel caffè! Mi sono scottata la mano anche io nell’impazienza di dover bere presto il mio, finché caldo. Pagina dopo pagina ne ho pregustato l’aroma, sentito l’odore e mi sono persa nei suoi vapori misti alla mia buona dose di malinconie legate ad un passato amaro, non zuccherato, che non si può cambiare. Ho atteso ansiosamente che la signora in abito bianco facesse la sua pausa toilette dalla lettura del romanzo per potermi accomodare a mia volta, in prima persona, su quella sedia magica capace di compiere viaggi nel tempo. Ho espresso ad occhi chiusi i connotati contingenti del mio desiderio di ritorno al passato: l’anno, il giorno, l’ora e la persona dalla quale tornare.

Ma a che pro, se tanto poi il presente non può cambiare?!? Per capire che ciò che conta non è modificare le circostanze, quanto noi stessi, che muta tutto in base alla nostra pace interiore. Credo, infatti, che uno dei più grandi e rassicuranti insegnamenti del romanzo sia che non possiamo cambiare l’andamento degli eventi nefasti, che pesa tanto più su di noi quando non abbiamo la coscienza a posto per accoglierli e accettarli; tuttavia, possiamo cambiare il nostro modo di rapportarci alle avversità della vita, vantando a nostra difesa una coscienza limpida, pulita, e allora chissà che un nostro diverso modo di essere non possa modificare se non il presente, il futuro?!? Di sicuro cambia lo stato di salute della nostra mente e questo influenza anche la realtà.

Finché il caffè è caldo è un mantra di vita, un inno al carpe diem, una metafora dell’esistenza che invita a vivere intensamente ogni momento, perché il nostro atteggiamento può fare la differenza anche su tutto ciò che non dipende da noi.