di Alessandra Banfi

«La mia speranza è che questo libriccino possa aiutarvi, indipendentemente da età o genere sessuale, a trovare il vostro polo, il vostro Everest, il vostro sogno.
Cambiare il proprio mondo può essere faticoso e a volte un po’ rischioso. Ma forse è ancora più rischioso lasciar perdere, non cercare di scoprire quanto può essere bella la vita».

Tutto quello che non ho imparato a scuola di Erling Kagge, edito da Einaudi, ha il profumo del ghiaccio e della neve. Delle cose sognate e poi realizzate. Ma anche delle sconfitte e delle debolezze umane. Delle questioni che comprendi soltanto col senno di poi.
Tra queste pagine i ricordi si mescolano alle riflessioni, alle piccole quotidianità che ti fanno stare con i piedi per terra e ai sogni che ti fanno volare alto, altissimo.
Poi è risaputo, le cose non vanno sempre nel verso in cui le hai immaginate, ma c’è qualcosa da imparare anche nelle situazioni più sfavorevoli. E certe verità si imparano dovunque, non solo dentro l’aula di una scuola.
Passeggiando in solitaria verso il Polo Sud impari ad ascoltare il tuo respiro, il silenzio che ti sta attorno. Scopri le sfumature del ghiaccio e della neve, misuri la tua forza e avverti il peso della volontà di andare dritto alla meta, un passo dopo l’altro.
Camminando in un bosco ritrovi l’odore della terra e degli alberi. Accantoni i rumori del traffico, gli squilli del cellulare, il sottofondo del televisore acceso in casa.
Nel mezzo di una tempesta in mare fai i conti con tutto quello che sei e con la girandola di emozioni che ti fa balzare lo stomaco tra preoccupazione, speranza, euforia e puro terrore.

Erling Kagge è stato il primo uomo a raggiungere il Polo Sud in solitaria e il primo a toccare i tre poli: una cima dell’Everest, il Polo Nord e, appunto, il Polo Sud. Ha avuto maestri, compagni d’avventura, ha ascoltato pareri, chiesto consigli, ma soprattutto ha cercato di vivere i suoi sogni, non quelli degli altri.
Si è dato degli obiettivi e ha stabilito delle mete significative per la sua crescita, senza pensare troppo a ciò che avrebbero detto gli “spettatori”. Perché se è vero che c’è sempre qualcuno che osserva (e giudica) quello che fai, è altrettanto vero che non puoi nascondere i tuoi sogni per il timore del parere altrui.
A pensarci bene, nonostante tutto quello che ho imparato a scuola, potrei scrivere un lungo elenco di momenti nei quali, seduta al banco, ho percepito la mia inadeguatezza e le mie mancanze fino a sentirmi fuori posto. E il mio posto, a quel tempo, non sapevo di certo dove trovarlo.
Ma c’è così tanto spazio al di fuori della scuola che vale la pena mettersi sempre e comunque in gioco per trovare un luogo in cui ripartire e stare bene.
Fuori dalla scuola o da qualsiasi altro posto ci stia stretto. Fuori da un ufficio, lontani da un lavoro, da una relazione, dalle aspettative degli altri.
«A distanza di tanti anni, non saprei ancora raccontare tutto ciò che ho appreso durante i giorni e le notti trascorsi in mezzo ai ghiacci. Di una cosa però sono certo: in quel periodo della mia vita capii che era possibile vivere in modo diverso da come avevo vissuto sino ad allora».