di Alessandra Banfi

‹‹Le stelle brillano, i cani abbaiano, io racconto questa storia; non c’è nessuna differenza. Cerchi il principio e intanto racconti una storia, forse per non pensare che non esiste nessun cielo. Nessun inizio, nessuna fine, solo un moto incessante, una distanza infinita e nient’altro.››

Nella terra d’Islanda si dipana una storia lunga centocinquant’anni. Una storia – Crepitio di stelle, scritta da Jón Kalman Stefánsson ed edita da Iperborea – fatta di cieli e lune brillanti, paesaggi brulli, terreni sconfinati, case di legno, appartamenti di città e sacchi colmi di pinne di foca, colline solitarie, mare e ghiaccio, erba fresca e asfalto innevato.
Ci sono quattro generazioni, dentro questa storia, e chi la racconta ripercorre il passato di un’intera famiglia. Il narratore, un uomo ormai quarantenne, ripesca la gioventù dei suoi bisnonni rivivendone le passioni e gli entusiasmi, i primi giorni insieme e le debolezze che fanno traballare la loro relazione.
Ma alle spalle di chi narra c’è anche la storia d’amore tra i suoi genitori – un amore interrotto da qualcosa di troppo doloroso – e un lutto così grande da perderci il respiro.
Il vuoto di un’assenza, a sette anni, puoi riempirlo con il gioco o con una viennese calda regalata da un fornaio con gli occhi arrossati. Poi, mentre giochi con i tuoi soldatini, questa assenza ingombrante può materializzarsi nella presenza di una matrigna silenziosa e con la faccia da orco alla quale però riconosci, un giorno, il potere di non averti permesso di essere inghiottito dalla notte.
Ci si sente così piccoli sotto il crepitio delle stelle.
Attraversiamo l’universo alla ricerca di un senso o di un equilibrio e poi, mentre cerchiamo la nostra destinazione, in un soffio la vita ci sfugge di mano e non restano che stanze vuote, finestre polverose e ricordi.
Come il sasso e la conchiglia che riportano il protagonista a tempi lontanissimi.
Un sasso e una conchiglia infilati sotto il cuscino della prozia. Due piccole speranze da stringere durante la notte. Due piccole speranze da restituire alla terra e al mare per chiudere un cerchio, un’esistenza. O per dire semplicemente grazie di quel prestito.