di Alessandra Banfi

‹‹Sono tutti scappati. Rimangono solo i solitari.››

Fa freddo. Fuori c’è un bel po’ di neve, ne faccio cadere una manciata dal davanzale della finestra. Finisce sulla striscia di terra delle calle e delle margherite, proprio qui sotto. Ma le calle e le margherite non ci sono a dicembre, si capisce, e la terra non si vede, nascosta sotto venti centimetri di fiocchi bianchi. L’aria ghiacciata riempie subito la stanza, chiudo tutto, mi rimetto alla scrivania.
Le formiche festanti di Pinar Selek, edito da Fandango, è appoggiato sul portatile chiuso. L’ho finito di leggere poco fa. O forse no. Forse l’ho solo sognato. L’ho sognato come si sognano le cose belle che tengono alla larga i cattivi pensieri e gli incubi. Le cose belle che accendono qualcosa di buono nella testa.
I miei sogni si sono confusi con quelli dei protagonisti. Si sono accavallati e sovrapposti. 
Eppure l’ho visto davvero, il cielo blu di Nizza. L’ho visto attraverso le parole di Pinar Selek. Ho visto l’uomo che decifra questa città attraverso i rifiuti scartati dai suoi abitanti, la svampita Azucena con le scarpe rosse, l’uomo con la chitarra, la fattoria delle Paranoiche, i cestini di frutta e verdura sul tavolo dello stand accanto alla stazione, i piccoli sentieri tracciati con passi e gesti lenti per marcare un percorso e stabilire un contatto.
C’è Nizza e ci sono Parigi e Lione. Ci sono persone che guardano oltre, mani che si sfiorano per ritrovarsi o dirsi addio, treni notturni e incontri tra passeggeri, cani che capiscono gli umani e umani che capiscono i cani. E non c’è pagina senza profumo. Quello del mare, della malva soffritta, del vino e delle melanzane con l’aglio.
Queste formiche festanti sono fragili ma non temono la fatica. Cercano l’essenziale e lo cercano a voce bassa. Non hanno alcun bisogno di un palcoscenico sul quale mettersi in mostra.
Ci sono così tanti modi per realizzare un desiderio. A volte basta rincorrerlo in punta di piedi, senza fare troppo rumore.