di Giovanni Di Prizito

[…] E spiegò a Thomas che avrebbe voluto, con lui, un rapporto di contiguità, di appartenenza ma non di possesso. […] Che non dovevano temere della loro solitudine, anzi viverla come il frutto più completo del loro amore perché, in fondo, pur nella separatezza, loro si appartenevano e continuavano ad amarsi.

Mi trovavo sul volo Bologna Brindisi intento a terminare Camere Separate di Pier Vittorio Tondelli, edito per i tipi di Bompiani. In quel tempo tutto era concesso, anche essere con il corpo a dieci mila metri sopra il mare e la mente tra Parigi e Correggio. Io e Leo. La portiera serrata, il corpo agganciato e lui che mi parlava.

Di Thomas, dei suoi immensi occhi neri e di quanto lo avessero perseguitato. Della prima volta che lo aveva visto. Della loro storia vissuta tra attesa, passione, distanza, desiderio e solitudine. Del loro amarsi perdutamente e dei loro viaggi di primavera. Della sua idea malinconica, sognatrice e distaccata dell’amore e di quella di Thomas, così diversa. Troppo.

Thomas voleva altro. Thomas voleva la quotidianità. Thomas voleva la normalità. Leo desiderava una perenne e sottointesa via di fuga. Leo desiderava pensare all’amore come qualcosa di impossibile e necessario. Leo desiderava essere un amante separato come se quell’amore volesse viverlo in un sogno, proteggerlo dal pantano della quotidianità. Come se così facendo, solo così, fosse possibile consegnarlo all’eternità.

Succede però che l’eternità diventi realtà, che la dama nera beffi l’amore e che ci si ritrovi all’improvviso a metà. In uno slancio emotivo da fare luce Leo prese a raccontarmi del viaggio a bordo del ‹‹piccolo aereo in volo tra Parigi e Monaco di Baviera›› verso l’ospedale, verso la fine, verso Thomas che ‹‹ad aspettarlo all’aeroporto con la sua Citroën scassata›› non ci sarebbe stato. Leo prese a raccontarmelo colpendomi dritto allo stomaco, fino a farmi male.

Io allora, asfissiato da quei colpi, alzai per un attimo gli occhi convinto che la mascherina, quella per l’ossigeno, fosse lì. Pronta. Ma l’aereo viaggiava imperturbato mentre io, ammutolito e un poco stordito, in un perverso gioco di apnea e masochismo non facevo altro che continuare a dare ragione alla mia amica Giada, ‹‹Tondelli riesce a darti un pugno nello stomaco e una carezza nello stesso, drammatico, momento.›› Ecco, in quel tempo dove tutto era concesso, di quei pugni e di quelle carezze non riuscivo a farne a meno.