di Alessandra Banfi

‹‹ Molti degli adulti che mi hanno cresciuta si ritenevano marcie lo so perché spesso trattavano anche me come tale. La più grande fortuna della mia vita è stata sapere che si sbagliavano.››

Campi infiniti, magliette bagnate di sudore, terra rossa infilata sotto le unghie. Una roulotte parcheggiata a bordo strada tra la polvere e il nulla. Il cielo che scurisce all’improvviso, il vento che graffia la faccia, i tornado che travolgono la terra e la vita delle persone.
È qui che Arnie compra una fattoria negli anni Cinquanta, a trenta miglia a ovest di Wichita, nel Kansas meridionale.
È qui che Betty e sua figlia Jeannie si trasferiscono anni dopo, quando il primo matrimonio di Arnie è già finito. Quando Betty, abituata a una vita di spostamenti e traslochi, decide di fermarsi e sposare quell’uomo più grande di lei che trascorre le giornate e le stagioni seminando, curando i terreni e raccogliendo il grano.
Alla fattoria si lavora duro, ma Betty e Jeannie sono abituate ai sacrifici. Tutti lo sono, nel paniere del mondo.
Ed è qui che nasce Sarah, la nipote di Betty, nel 1980.

Il signor Cheatham alza lo sguardo dal libro e cerca la propria immagine nella specchiera che ricopre la parete di fronte. La trova. Strizza le palpebre per osservarla meglio.
Un vecchio in camicia di cotone e pantaloni chiari. Il bastone da passeggio accanto alla sedia. La testa lucida e calva, i baffi ormai completamente bianchi. Possibile sia già passato tanto tempo?
Il profumo di vernice fresca impregna l’aria della stanza, si mescola a quello dei libri, gli irrita un po’ la gola. Per questo ha già dato diversi colpi di tosse e per questo il libraio gli ha portato un bicchiere d’acqua. Lì ormai è di casa. Lo è da trent’anni. Lo è da quando la libreria ha alzato la serranda per la prima volta. All’epoca era un maestro con le guance sempre arrossate e i baffi grigi che lo facevano assomigliare a un tricheco. Un maestro che si dava da fare, può dirlo con orgoglio, e che aveva arredato il seminterrato della scuola elementare con banchi e seggiole, qualche opera d’arte, un soppalco per la lettura, un piccolo palcoscenico, un pianoforte. Era in quelle stanze dal pavimento di cemento che nei pomeriggi degli anni Ottanta dava lezioni di matematica a un gruppo di studentesse e di studenti “speciali”. Insegnava le costellazioni, proponeva copioni da recitare, invitava i bambini a redigere una rivista. Si trattava di un “corso per i più dotati”. Un corso a cui anche la piccola Sarah aveva partecipato.
Il signor Cheatham tossisce di nuovo. Ricorda bene Sarah Smarsh.
Una bambina esile. I capelli biondi, i movimenti agili, la pelle abbronzata dal lavoro nei campi. Le mani di una lavoratrice e la testa brillante, curiosa.

Sarah Smarsh, ripete tra sé il signor Cheatham.
Era stato proprio lui a inviare un racconto di Sarah a una rivista per bambini. Perché lui l’aveva capito subito che quella ragazzina aveva del talento. E il racconto era stato pubblicato. Il primo successo di Sarah: il primo tentativo di smarcarsi dallo stereotipo che la marchiava. La bambina povera e senza risorse appartenente a una famiglia dell’America rurale. Una famiglia disfunzionale e piena di combina-guai.
Il signor Cheatham infila il segnalibro tra le ultime pagine di Heartland. Vuole gustarsi la storia senza correre. Preferisce centellinare la lettura, rimandare il finale al giorno dopo. Chiude il libro, tamburella le punte delle dita sulla copertina. Ancora non riesce a crederci. Ancora non riesce a masticare l’emozione d’avere tra le mani il libro della sua studentessa. E in quel libro c’è anche qualcosa che lo riguarda. Qualcosa che parla di lui. Ricordi, frammenti di passato, pomeriggi passati a inventare storie e giochi di parole tra i muri di una scuola.
Il signor Cheatham si alza con movimenti lenti, afferra il bastone e si incammina verso l’uscita. Il libraio lo saluta, gli apre la porta, si ferma con lui sull’uscio a osservare il cielo.
C’è un’aria umida, un profumo di pioggia in arrivo, uno spesso strato di nuvole che nasconde la luce e riempie di ombre la strada.
Il signor Cheatham pensa alla fattoria di Arnie, ai campi di grano maturo e al vento che li frusta, rischiando di rovinarli. Pensa alla prima casa di Sarah: una baracca rossa nella prateria. Pensa alla vita di Sarah adesso e a un tratto gli viene voglia di correre anche se ha le gambe malferme. Le prime gocce di goccia gli bagnano la faccia. Per fortuna abita lì vicino e non rischia di beccarsi l’acquazzone in testa. Per fortuna ha voglia di ridere anche sotto il cielo scuro del Kansas.