di Luca Palladino

“Che ci fosse una falla nel meccanismo delle aspettative ce l’avrebbe potuto suggerire il fatto che la nota cantante pop Natalie Imbruglia era compresa in quelle di ciascuno di noi. Ma chi ci pensava.”

 

La scorsa settimana, nell’ambito della Semaine de la culture italienne organizzata da degli studenti, sono andato all’Ecole Normale Supérieure di rue d’Ulm. Ci sono andato in qualità di consumatore, nonché di libraio.

Era di giovedì e c’era in programma un incontro sul fumetto con gli autori Manuele Fior e Zerocalcare, e ricordo chiaramente che mentre entravo alla Normale, mi sono chiesto che cosa significasse per me entrare alla Normale e intanto che me lo chiedevo, all’altezza del cortile di quella rinomata scuola, ho incontrato gente che conosco e che ho dovuto salutare e con la quale ho dovuto poi parlare, questo fatto mi ha liberato dalla questione circa cosa significasse per me entrare alla Normale; e se me lo chiedessi adesso, col senno di poi, che cosa per me allora significò entrare alla Normale, mi sentirei come quel centrocampista definito abulico dal telecronista, qualcosa come uno spaesamento.

Ad ogni modo, io ero andato all’Ecole Normale Supérieure di rue d’Ulm per vendere i libri di Zerocalcare e Manuele Fior, poiché ero stato invitato a farlo da una delle organizzatrici che di nome fa Louison. L’incontro era organizzato a mo’ d’intervista: la gentile Louison faceva domande sia all’uno che all’altro degli invitati.

L’intervista è andata più o meno così: mentre Fior si è messo a parlarre di colore caleidoscopico e di Freud e della sua vita vissuta cercando la sua vocazione e di Mattotti e di Moebius, sue fonti d’ispirazione, Zerocalcare, invece, si è prodigado in uno sforzo terribile per accettare di essere stato chiamato alla Normale a parlare di se stesso e della sua arte, che si chiama fumetto. Pian piano, però, Zerocalcare è riuscito a districarsi dalla sua introspezione e ad accettare di avere tanta gente che lo ascoltasse (la sala era gremita), e ha iniziato a parlare di locandine per concerti Punk, di collettività, di Rebibbia, del G8, del centro sociale La Strada, dei 4 ragazzi NO TAV arrestati ingiustamente e in isolamento (!); di Gipi che è un dio e del salone del libro di Torino che è l’orrore.

Secondo me il momento più significativo di questo incontro è stato quando è arrivato il turno delle domande del pubblico e in particolare quando una ragazza ha chiesto cosa significasse per gli intervistati disegnare. Manuele Fior ha risposto facendo l’apologia del suo lavoro e ha detto che è senz’altro meglio che fare il cameriere, invece Zerocalcare ha dichiarato papale papale che si è rotto il cazzo de disegnà.

Finito l’incontro, ebbro di fumetto, mi sono messo a camminare dalla rive gauche, dove è situata la Normale, alla rive droite, dove è situato il mio alloggio in affitto, sperando d’incontrare una ragazza che mi piace. Sono entrato nel mio appartamento da solo e ho subito realizzato che l’unico libro di Zerocalcare che avevo nel mio sacco, e ce lo avevo per via del fatto che non lo avevo venduto in quanto era rovinato, si chiama “Ogni maledetto lunedì su due”; cosicché l’ho iniziato a leggere.

Ho avuto, leggendo, la netta sensazione di non essere il solo a non averci un planning, e questo mi ha fatto pensare al solipsismo e alla sua crudele realtà. Zerocalcare mi ha reso partecipe del fatto che la fascia oraria delle Bermuda è un buco nero della nostra fessaggine, e che con gli auricolari si rimorchia facile, e che la forestale è manesca, e che ci abbiamo l’e-pi-glo-tti-de; e che la cantante pop Natalie Imbruglia è realmente esistita, e che è terribile quando l’unico rimasto disponibile a cui accollarla sei tu. Zerocalcare mi ha confidato che in qualche modo ci si arrangia e che si sta a galla finché non si fracica!

Lo stile di Zerocalcare è privo di orpelli e salamalecchi, è limpido, cristallino, trasparente, e sincero. Vi è una, io credo, glasnost di schiettezza nel suo stile. La matita di Zerocalcare non è la matita di un architetto biscazziere; la matita di Zerocalcare è nuda: francamente esprime, solennemente sviscera, portentosamente disegna. Tutto questo come lo dobbiamo chiamare se non core?

Lunga vita alle braccia a ciondoloni, e a Calcare e all’Armadillo e a Roma Est e alla BAO publishing.