«[Massimo Carlotto] è uno scrittore di noir al quadrato, di quelli che ti mettono alla prova. In America uno come lui non c’è. Neanch’io potrei leggere Carlotto tutto il tempo. Non ce la farei».
La citazione in esergo è attribuita a Josh Bazell. A parte l’attendibilità o meno della fonte, leggendo queste righe mi è venuto in mente subito Giorgio Pellegrini, il protagonista probo all’oblio di Arrivederci amore, ciao. Il sorprendente libro di Massimo Carlotto pubblicato da edizioni e/o.
Vi è una totale mancanza di sensibilità in Giorgio, una spietatezza ragionata e implacabile che a memoria mia penso di non aver mai incontrato tra le pagine di un libro. Giorgio Pellegrini ti mette alla prova così come l’inchiostro di Massimo Carlotto: aspro, essenziale, fluido, spietato, implacabile, noir. Massimo Carlotto è uno scrittore nerissimo, sì; totalmente privo di sentimentalismo. È uno scrittore che impasta un realismo integrale, iper, pieno di masnadieri di ogni risma: una epifania dell’erba cattiva. Massimo il nero non ha tempo di ammiccare al lettore con le frasette del tipo “nulla è per noi la morte”, non ha cioccolatini da distribuire. Carlotto è troppo impegnato a raccontare la brutta sporca e cattiva realtà sociale che impazza dappertutto, per avere sentimenti da diffondere. Non vi è filantropia né captatio benevolentiae né tanto meno vi sono filosofemi nella penna di Carlotto.
In effetti, una delle poche frasi che ho sottolineato leggendolo, io in cerca di cioccolatini, è questa qui: «Lui, invece, in chiesa ci era sempre andato poco e da qualche anno si era allontanato del tutto. Nella sua vita aveva trovato più conforto e comprensione tra le braccia di una brava puttana che in ginocchio davanti al confessionale».
Penso che per avere il tipo di scrittura che possiede Massimo Carlotto, oltre alla vocazione ci sia bisogno di un cuore grande così.
Que viva Massimo Carlotto!