di Marcovaldo
«Acqua guardata non bolle mai»
Il gatto sbagliato ha il pelo bianco e gli occhi rossi, ma forse il loro colore dipende dal fuoco che sta scaldando il grande calderone appeso in mezzo alla stanza. Il gatto sbagliato è fiacco e gracile, ma non ha alcuna intenzione di finire bollito, per questo soffia forte FFFFF e scappa con la coda dritta.
È il gatto sbagliato perché l’ha scelto Aldobrando, con le sue pupille scure, piccole e vicine, le sopracciglia folte, il fisico scheletrico e la spada di legno.
Si capisce subito che Aldobrando non è molto capace, non se ne intende, perché non sa distinguere la destra dalla sinistra e sa contare solo fino a venti. Ma adesso è arrivato il momento di crescere: deve andare nel mondo, deve correre a cercare l’erba del lupo e salvare l’occhio del maestro, sfregiato dal gatto sbagliato.
Quello che nasconde Aldobrando, al principio di tutto, proprio non si vede. Quello che si trova sotto il ciuffo di capelli che gli cresce sulla cima della testa, dietro la casacca leggera a maniche corte che indossa anche nella neve, e in mezzo alle esili gambe da merlo. Quello che nasconde viene fuori dopo, tra parole e tratti di matita, quando le esistenze di altri personaggi si annodano alla sua. Aldobrando incontra e conosce, si interroga e non resta mai indifferente. Cerca il perché delle cose e va sotto la superficie, nelle viscere degli eventi nei quali ruzzola un po’ spaesato.
Il destino degli altri segna quello di Aldobrando. Lo ammacca, lo confonde, lo consola, lo guarisce, lo salva. Ognuno ha il proprio ruolo, una trama da svelare, un motivo per cui agire.
Sir Gennaro Montecapoleone delle Due Fontane, che si dichiara padrone di Aldobrando per via di una certa tana presa in prestito. Il Boccamarcia (di nome e di fatto), Beniamino l’Ucciditore (che Ucciditore l’hanno fatto diventare), la schiava Viola e Dufficio (che annota sempre tutto, e meno male!). E poi lei, la Principessa Bianca, grazie alla quale, durante il suo lungo e avventuroso viaggio, Aldobrando intuisce che l’amore non è un posto dove si pensa solo ai comodi propri.
Anche noi del Marcovaldo, aggrovigliati alle sue gesta, abbiamo di nuovo la sensazione di riuscire a vedere del buono nel marasma di guai in cui possiamo inciampare o finire intrappolati.
Le cose storte si aggiustano, le storie spezzate si ricompongono, i sovrani nullafacenti escono di scena e noi – almeno qui, almeno con questo Aldobrando fatto di carta e cuore – tiriamo un sospiro di sollievo e impariamo un segreto. Il più importante di tutti. Il più difficile, sicuramente.