di Giovanni Di Prizito

‹‹E allora sembra che piano piano tutto passi […] e che quando uno ci ha i cazzi suoi, be’, sono veramente suoi, non c’è da fare un cazzo, manco gli stoici gli epicurei o i filosofi, niente. Non si può impedire a qualcuno di farsi o disfarsi la propria vita, si tenta, si soffre, si lotta ma le persone non sono di nessuno, nel bene e nel male››

L’altra notte ho fatto un sogno, aveva un odore particolare. L’altra notte mi è apparso Pier Vittorio Tondelli. Parlava dei quattro leoni di Piazza San Prospero, ‹‹che di notte è bellissima›› e che sta a Reggio Emilia. Ebbene, l’Emilia, paranoica ma pure ragionata.

Giorni addietro, a pochi attimi dall’isolamento, mi trovavo su un grande telo bianco sopra all’erba di Villa Ghigi, noto parco urbano di Bologna, Emilia anche lei. E non per puro caso ficcai il naso dentro agli Altri Libertini. Edizione Feltrinelli. 1980.

Già mi resi conto, mentre leggevo la prima, la seconda, et cetera pagina di avere tra le mani qualcosa di grosso. Dentro al Postoristoro‹‹luce sciatta e livida, neon ammuffiti›› – insieme a la Giusy, il Bibo, la Molly che chiede cento lire, il Johnny e il Salvino capobanda, in mezzo agli sgabelli del vecchio self service che non funziona più, ci stavo pure io.

Davanti a me, chino sul grande telo bianco sotto un sole che diceva ecchime!, ci stavano invece due baldi giovani che lavoravano sodo. La tromba uno, il sassofono l’altro. Frattanto la lettura fu ancora più lieta. Sotto lo stesso sole il Tondelli mi raccontava le gesta disinibite, le storie. Le raccontava a modo suo, senza fare troppo caso alla didattica. Oscenità e turpiloquio per le bestemmie e il contenuto, disse il procuratore bloccando e sequestrando migliaia di copie pronte alla lettura. Ma poi, correva l’anno 1981, il Tondelli fu assolto da ogni accusa e gli Altri Libertini tornarono liberi.

Lui, sotto a quel sole, continuava a raccontarmi le storie. Quelle della vita, quelle dove si fa all’amore, quelle dei buchi sopra alle braccia. Le storie della Bassa padana. Le storie dell’unico sogno sempre sognato, la fuga, e forse rimasto in quegli anni là. Quelli dell’impegno. Politico. ‹‹Chiedi a settantasette se non sai come si fa.››

In tutto sei. Sei storie. Sei episodi. Sei pizzichi. Al centro – màs o menos – l’esplorazione sentimentale di un poco più che ventenne. La passione rovente, la scoperta di sé e la paura del sentimento. Storie come punture. Storie della provincia. Da Correggio al Mare del Nord. Su quel ‹‹rullo di asfalto››, che quando le vedi, ‹‹le luci del casello d’ingresso››, e quando lo senti, ‹‹l’odore del Mare del Nord››, ti fa venire la voglia di prenderla anche a te la ‹‹ronzinante cinquecento con su gli scoramenti e dentro tanto vino e in bocca tanta voglia di gridare››. Su quel ‹‹rullo di asfalto›› che sta a cinque chilometri da Correggio, l’Autobrennero, ‹‹che è l’Autobahn più meravigliosa che c’è […] entri a Carpi ed esci lassù››. E poi il Viaggio, quando ‹‹la macchina va dove vuole, svolta su e giù dalla via Emilia››, quando Gigi, ad Amsterdam, ‹‹è immobile con gli occhi spalancati verso il soffitto […] ma non risponde, gli sfugge soltanto un sorriso antipatico››, quando ‹‹Gigi comincia così coi buchi››. E poi tutto il resto. Sei storie. Sei episodi. Sei pizzichi. L’iniziazione all’amore, tutto.

Ebbene, i baldi giovani continuavano a fiatare, il sole a picchiare duro e io c’entravo dentro, a quelle pagine. Mentre il telo scavava dentro all’erba. Tutto entrava dentro a tutto. E allora, ignaro del venturo isolamento, la sognavo pure io. L’Autobahn. Sognavo pure io il ‹‹Gran Miracolo […] l’odore del Mare del Nord che spazza le strade e la campagna e che quando arriva senti proprio dentro la salsedine delle burrasche e dell’oceano e persino il rauco gridolino dei gabbiani e lo sferragliare dei docks e dei cantieri e anche il puzzo sottile delle alghe che la marea ha gettato sugli scogli››. Lo sognavo pure io quell’odore là.

Questo ho sognato l’altra notte, quell’odore là. E poi quello di Piazza San Prospero, ‹‹che di notte è bellissima››, e dei quattro leoni, e della via Emilia. L’Emilia, sempre più paranoica, sempre meno ragionata. L’Emilia degli Altri Libertini. L’Emilia di quegli anni là. ‹‹Chiedi [sempre] a settantasette se non sai come si fa›› e poi entraci dentro pure tu, al Postoristoro. L’altra notte, dentro all’isolamento, ho sognato l’odore dell’unico sogno sempre sognato. La fuga.