di Giovanni Di Prizito

‹‹Fino all’ultimo, il dubbio.››

Mi trovavo in campagna, isolato dalla materia urbana, quando ho deciso di ficcare il naso tra le 85 pagine di “Sette brevi lezioni di fisica” di Carlo Rovelli, Piccola Biblioteca Adelphi.

È apparso evidente fin da subito che il Professore non volesse scompaginarmi con limiti, derivate, integrali semplici, doppi e tripli, equazioni parametriche e leggi fisiche. No. Non era questo l’intento. Fin da subito invece mi ha messo a tu per tu con i capisaldi dell’intera narrazione, l’uomo e l’universo, spiegandomi la complessità con la semplicità.

In ordine di apparizione: La più bella delle teorie – I quanti – L’architettura del cosmo – Particelle – Grani di spazio – La probabilità, il tempo e il calore dei buchi neri – Noi. Dalla Relatività Generale di Einstein alla Meccanica Quantistica Carlo Rovelli mi ha mostrato la più grande delle virtù del pensiero scientifico: la messa in discussione dei valori, la ‹‹capacità di vedere le cose in modo diverso da come le vedevamo prima›› usando l’osservazione e la ragione, la capacità di non fidarsi dei pensieri precedenti e accogliere l’incredibile e stra-ordinaria ignoranza a cui apparteniamo.

Il Professore è stato chiaro: la chiave di tutto ciò che siamo – o che pensiamo di essere – è la relazione, ‹‹specchiandoci negli altri e nelle altre cose, impariamo chi siamo.›› Il Professore mi ha spiegato che nella Meccanica Quantistica ‹‹nessun oggetto ha una posizione definita, se non quando incoccia qualcos’altro›› e che il tempo come lo immaginiamo non esiste, così come lo spazio e quindi gli eventi assoluti. Io allora mi sono chiesto se ciò che è reale non lo sia solo rispetto a qualcos’altro, se la realtà non sia che un flusso di energia in continuo divenire di cui siamo parte, una gigantesca rete dove Noi contiamo tutto e niente, una gigantesca e meravigliosa rete dove lo spazio è creato dalle interazioni elementari tra i singoli quanti di gravità e il tempo dalla probabilità con cui accadono. Mi sono chiesto insomma se questo non sia che ‹‹un mondo di avvenimenti, non di cose.›› Domande, sempre domande.

Leggendo questo libro non ho fatto che pormi domande. Leggendo questo libro non ho fatto che ripartire dal dubbio. E alla fine ho pensato che siamo come tante piccole talpe che fanno il buco, escono fuori e dicono – wow, il mondo è grandissimo!